L'appello: il Dalai Lama alla Camera

La richiesta presentata da 165 deputati. Incerto l’incontro con Prodi. La Cina è contro anche alla visita in Vaticano
dalai-lama--180x140ROMA — «Invitiamo il Dalai Lama a parlare davanti all’Assemblea della Camera dei Deputati, nell’Aula di Montecitorio, quando a metà dicembre sarà in visita in Italia». La richiesta è contenuta in una lettera firmata da 165 deputati dell’Intergruppo parlamentare per il Tibet, indirizzata al presidente della Camera, Fausto Bertinotti. L’iniziativa è stata promossa da Benedetto Della Vedova, presidente dei Riformatori Liberali e parlamentare di Forza Italia, e dai deputati Bruno Mellano, della Rosa nel Pugno, coordinatore dell’intergruppo, Zanella (Verdi), Iovene (SD), Motta (Pd), Forlani,(Udc) Zacchera (An), Folena (Rifondazione).
«Ho pensato che dopo quanto hanno fatto nei mesi scorsi Stati Uniti e Germania per il leader buddista, anche il nostro paese debba dare un chiaro segnale a Pechino. Il presidente Bush gli ha consegnato personalmente la medaglia d’oro del Congresso, la Merkel è stato il primo cancelliere tedesco a riceverlo», spiega Della Vedova. «A pochi mesi dall’arrivo della fiaccola olimpica sulla vetta del-l’Everest, se la visita in Italia del Dalai Lama — continua — dovesse mantenere il consueto cerimoniale, cioè la sola visita ai presidenti di Camera e Senato, l’Italia rimarrebbe indietro rispetto agli altri paesi: bisogna fare molto di più».
In particolare c’è uno spinoso capitolo Palazzo Chigi. «Il Tibet Bureau di Ginevra — afferma Mellano — ci ha chiesto esplicitamente di richiedere un’udienza al premier Romano Prodi che lo scorso anno non diede seguito alla richiesta e non vide il Dalai Lama. Su internet è partita anche una petizione telematica per sollecitare l’incontro ». Sembra, però, che, anche quest’anno, rimanga la «freddezza» di Prodi, deciso a non incrinare i rapporti con la Cina (che considera il Dalai Lama non un leader spirituale ma un pericoloso separatista).
Nel 2006 lo ricevettero solo i ministri Bonino e Pecoraro e il sottosegretario agli Esteri Vernetti. Infine c’è il delicatissimo aspetto della visita in Vaticano. Su questo punto il riserbo è massimo da parte di tutti gli interlocutori. Perché non più di dieci giorni fa la Cina ha fatto pubbliche pressioni sulla Santa Sede perché non venga confermato l’incontro del leader dei buddisti tibetani con il Pontefice, che dovrebbe avere il carattere di una visita privata. «Ne va delle relazioni bilaterali», ha detto il portavoce del ministero degli Esteri cinese. E ha aggiunto: «Il Vaticano deve dimostrare sincerità nel migliorare le relazioni con la Cina». Come data, fonti d’Oltretevere avevano parlato del 13 dicembre, ma l’incontro non è stato ancora annunciato ufficialmente. Di recente, il Vaticano ha ammorbidito le sue posizioni verso Pechino, in vista di un miglioramento della condizione dei cattolici nel paese e della questione della nomina dei vescovi.
Tornando all’Italia, secondo i firmatari della lettera a Bertinotti, un gesto significativo potrebbe essere proprio dare la possibilità al Dalai Lama di prendere la parola nell’emiciclo di Montecitorio. Lasciando da parte la storica visita di Giovanni Paolo II (che avvenne a Camere riunite), ci sono alcuni precedenti in proposito: il re di Spagna Juan Carlos, e il leader palestinese Yasser Arafat, che vi tenne un discorso ancora prima di essere insignito del premio Nobel per la Pace. Riconoscimento che il Dalai Lama ha ricevuto nel 1989 e che è il motivo per cui il mese prossimo viene a Roma, dal momento che in Campidoglio parteciperà al settimo summit mondiale dei premi Nobel per la Pace.

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