Cina : La terra a chi la lavora?

La “grande riforma”  non placherà l’ira dei contadini poveri
Claudio Tecchio
Nei prossimi giorni i nostri media , in particolare quelli la cui proprietà è in affari con i cinesi,nel descriverci la “Grande Riforma Agraria”deliberata dai vertici del Partito Comunista Cinese esalteranno la “scelta coraggiosa” ,la”svolta epocale “impressa dalla nuova generazione di autocrati,il”rinnovato  riformismo”degli eredi di Deng.
I cantori della “democrazia con caratteristiche cinesi”tesseranno le lodi della pseudo riforma di recente adottata dal Comitato Centrale definendola un nuovo passo verso una società più giusta.
Ma la realtà che si nasconde dietro l’ennesimo,patetico,tentativo di procrastinare l’implosione del regime è ben diversa.
E’ bene anzitutto ricordare che nella  Repubblica Popolare Cinese ,nonostante le deportazioni di massa dei pastori nomadi del Tibet,della Mongolia del Sud e del Turkestan Orientale, oltre il 60% della popolazione vive ancora nelle campagne .
Nel paese i contadini dovrebbero essere ( il condizionale è d’obbligo in un paese dove la statistica è pura propaganda) circa 800 milioni e la loro miserevole condizione è rimasta sostanzialmente immutata dai tempi della rivoluzione maoista.
Anzi oggi non ci sono più nemmeno i “medici dai piedi scalzi”a lenire le loro sofferenze e l’assistenza sanitaria è diventata un lusso riservato ai funzionari del partito comunista.
Il tasso di alfabetizzazione è crollato per via dei costi proibitivi dell’struzione e in molti casi l’ondata di espropri illegali ha privato i contadini anche di quel fazzoletto di terra che garantiva almeno la possibilità di consumare due pasti al giorno.
La “tassa sul maiale”,l’ultima trovata del regime per spremere gli agricoltori,ha fatto il resto.
Così negli ultimi anni il divario tra città e campagna è aumentato a dismisura e oggi la maggior parte dei contadini,nonostante il recente aumento dei prezzi alla produzione dei cereali,è costretta a vivere con meno di 1,00 Euro al giorno.
Proteste e rivolte si sono quindi moltiplicate .Gli scontri con i reparti speciali inviati nelle province dell’impero per sedare la ribellione sono ormai all’ordine del giorno.
Ma questo non è  l’unico motivo di preoccupazione che ha indotto i gerarchi di Pechino alla “svolta epocale”.
Il Partito vede ormai compromessa anche l’autosufficienza  alimentare ( uno dei miti del maoismo!) e teme per le crescenti e onerose importazioni di cereali .
Basti pensare che nel corso degli ultimi 12 mesi i prezzi al consumo dei cereali hanno subito aumenti tra il 30 ed il 90 % contribuendo alla crescita record di una inflazione che ha falcidiato i già magri salari di tutti i lavoratori cinesi.
Pur avendo brutalmente controllato la crescita demografica con aborti forzati e sterilizzazioni di massa il governo deve oggi fare i conti con una produzione che non può più soddisfare i bisogni primari.
Infatti gli espropri illegali ,che hanno fatto la fortuna dei dirigenti locali del partito, hanno sottratto milioni di ettari all’agricoltura e la produttività nelle campagne è rimasta sostanzialmente ai livelli del 1949.
Gli scarichi industriali hanno avvelenato tutti i principali corsi d’acqua  e l’irrigazione dei campi è sempre più difficile e costosa.
Infine almeno 150 milioni di contadini .soprattutto giovani, si sono trasferiti nelle grandi città alla ricerca di un lavoro dignitoso e di un reddito minimo garantito.
Quindi oggi nel disperato tentativo di aumentare la produzione agricola  e porre un freno alle crescenti rivolte ,la”cupola”di Pechino ha predisposto una serie di misure ( ovviamente a costo zero per le casse dello stato) che dovrebbero migliorare la condizione delle “masse contadine” ed aumentare nel contempo la produttività nelle campagne.
Il Partito ,non potendo ovviamente  introdurre la “proprietà privata dei mezzi di produzione”ha così deciso di concedere ai contadini la possibilità di acquistare e/o cedere il “diritto di superficie “(
sic!) dei terreni sui quali vivono o lavorano.
Sia ben chiaro che la proprietà delle terra era ,  rimane e rimarrà saldamente nelle mani del partito comunista cinese ma i contadini ,sempre che si vedano riconoscere pienamente il”diritto di superficie”sulle terre che oggi lavorano,avranno almeno l’illusione di poter disporre della “loro”terra.
Nessuno ha ancora fissato il valore degli appezzamenti ma temiamo che verrà quantificato in modo tale da rendere ancora più facili e vantaggiosi gli “espropri”.Così queste vere e proprie estorsioni non saranno più considerate pratiche illegali ma la corretta applicazione del principio del “libero scambio”tra contadini poveri ,e indebitati, ed acquirenti senza scrupoli,spalleggiati da qualche commissario politico.
Mentre molti altri agricoltori che non potranno accedere al credito,nell’impossibilità di rendere competitive le loro produzioni,finiranno per cedere il “diritto di superficie” in cambio di un pugno di yuan e si ritroveranno ,senza terra e senza lavoro, in balia di una crisi economica devastante.
Nella migliore delle ipotesi saranno costretti a lavorare per un salario da fame nelle cooperative “del popolo”o a migrare nei centri urbani dove l’imminente chiusura delle maggiori aziende manifatturiere impedirà loro di trovare una nuova occupazione.
Un fulgido esempio di nuova e grande conquista del proletariato !

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